Vergano

martedì 23 marzo 2010

I miei primi cento nastri 6

IL RE NON SI DIVERTE




Non posseggo più l'originale cassetta che acquistai in blocco assieme ad altre sei da Ferretti, mio collega di lavoro alla Tematex nel lontano 1974. E' stata distribuita anche lei in ascolto agli amici e non è più rientrata a casa. La copertina postata è stata scannerizzata dal cd che, "giocoforza", ho riacquistato. Le altre, oltre a Moods di Neil Diamond che ho già ricordato nel post n.5, furono Storia di un impiegato di De andrè, Penguin dei Fletwood Mac, Over nite sensation di Frank Zappa, Amanti di valore di Mina e Wisbone Ash dell'omonimo gruppo, che saranno oggetto dei prossimi miei ricordi musicali. Il tutto per la modica cifra di 14.000 lire. Erano cassette originali ed ancora incellofanate. Il mio collega, prima di diventarlo, prestava la sua opera in quel di Brebbia, sua città natale in provincia di Varese, presso la Ducale, piccola casa discografica che però poteva permettersi di avere in catalogo quei nomi prestigiosi. Naturalmente riusciva ad avere i prodotti con degli sconti eccezionali per cui poteva permettersi di rivendermeli a prezzi vantaggiosi. Presso la casa discografica, dove non necessariamente venivano registrate le opere, egli lavorava comunque alla duplicazione delle incisioni dai master originali per cui ai miei occhi era considerato un esperto ed un conoscitore del mondo musicale. I titoli menzionati me li propose lui. Abbandonò quel lavoro per impiegarsi nella nostra fabbrica in un'occupazione consona agli studi che aveva effettuato e più remunerativa. Ma la passione musicale era rimasta. Mi recai diverse volte a casa sua poichè poteva già disporre di un impianto stereo sofisticato, per me profano possessore di un misero mangianastri, dal quale ascoltare suoni che fino ad allora io non avevo mai udito.

Oggi parliamo d'altro, sembra suggerirmi il professor Vecchioni. Infatti dopo numerosi racconti di passeggiate e camminate, ritorno con questo post a rivisitare i miei primi acquisti musicali in ordine strettamente cronologico.
"Il re non si diverte" mi fu caldeggiato vivamente da Ferretti come opera che aveva ricevuto il premio della critica discografica per la qualità dei testi. Non erano di facile assimilazione e comprensione immediata, ma proprio per questo assumevano un fascino particolare. Io prima di allora potevo dire di conoscere Roberto Vecchioni solamente a causa del suo cognome facilmente memorizzabile e particolare; ancor più se abbinato a Lo Vecchio, il suo collaboratore musicale al quale fu molto legato nel periodo giovanile. Basti dire che quasi mi risuona ancora nelle orecchie il ricordo dell'annuncio di una loro canzone, che apprezzai tantissimo, da parte di non so quale presentatrice, al festival di Sanremo del 1968: "Di Vecchioni - Lo Vecchio, Sera. Canta Giuliana Valci". Quello strano binomio mi si ficcò talmente al punto da restare per sempre nei miei ricordi, anche perchè quella canzone mi prese e la sua interprete ancor di più, sebbene non fosse particolarmente aggraziata con la voce come la sua ben più famosa collega alla quale era abbinata: Gigliola Cinquetti. L'interpretazione della Valci fu più naif e vissuta, secondo me, e risultò di notevole impatto, sia visivo che canoro: mi affascinò quella sua immagine di ragazza "nature" dai capelli lunghi e lisci, molto hippies e diversa dalle altre cantanti che calcarono il palco di Sanremo. Perciò per me Vecchioni fu, da allora, essenzialmente un oscuro compositore e paroliere legato al mondo non alla ribalta ed in ombra della musica leggera.
Fu così che partii un pò prevenuto all'ascolto del nastro. Non ero preparato ancora a dei testi che mi sembrarono "strani" al primo impatto. Apprezzai molto, invece, la comprensibilità della voce di Roberto. Per certe caratteristiche la accomunai a quella di De Andrè che comunque al tempo non potevo dire di conoscere bene, avendolo solamente ascoltato alla radio. Scansione delle parole ben udibili e tonalità a volte grevi e profonde come quella di Fabrizio, pur se non disdegnasse escursioni nel falsetto. Credo di essere comunque rimasto un pò deluso, al tempo, poichè mi ricordo che non lo passai molte volte nel mangianastri. E, forse ancora più significativo, fu il fatto che nessuno dei miei amici lo reclamasse all'ascolto. Cosa che invece succederà un paio di anni dopo con "Elisir" e "Samarcanda". Velasquez addirittura fu caldeggiato da Geo per interpretarlo con l'allora nascente gruppo dei "Pulsar" e diventò una delle prime cover di successo quando si esibivano in pubblico. Ma questa è un'altra storia che avrò occasione di riprendere e raccontare.
Per ritornare a "Il re non si diverte", posso dire che l'ho ripreso ad ascoltare dopo il successo riscontrato da Vecchioni con i lavori sopracitati, ed anche in tempi più recenti è ritornato abbastanza frequentemente nel mio lettore CD.
A farmelo apprezzare fu sicuramente la mia nuova favorevole predisposizione per l'allora fiorente mondo cantautorale d'ultima generazione (De Gregori et similia...), ma anche la conoscenza più approfondita che iniziavo ad avere dei contenuti letterari e musicali delle cose che ascoltavo. Fondamentale per la comprensione dell'opera del primo Vecchioni, fu il periodico LatoSide, un tabloid quattordicinale dalle dimensioni di un quotidiano dell'epoca, che pubblicava monografie di artisti del momento con una particolare predilezione, appunto del mondo dei cantautori. Anche gli articoli che Enzo Caffarelli pubblicava su Ciao 2001 dell'epoca furono importanti per la mia nascente cultura musicale.
Trascrivo qui una piccola parte dell'intervista "monumentale" a Roberto, fatta da Michelangelo Romano, eclettico personaggio del mondo musicale di allora, che al tempo produsse i suoi dischi. Un estratto che accenna all'evoluzione di Vecchioni col suo terzo lavoro, tratto dal "lato Side" menzionato, con il ricordo dell'autore a tre anni di distanza dalla pubblicazione dello stesso, quando ormai era un nome di punta del fenomeno cantautorale.
"Col terzo LP cambiano molte cose, insieme ad una mia, chiamiamola crescita politica, c'è una maturazione complessiva; anche i miei rapporti privati, sentimentali, cambiano: Il re non si diverte l'ho registrato nel '73, quando anche il mio lavoro nell'insegnamento si evolveva; entravo a far parte del gruppo sindacale della scuola ed ho conosciuto molta gente preparata che mi ha dato tantissimo e mi ha chiarito in senso politico molte cose che prima sentivo in modo più indefinitivo, chiamiamolo sentimentale... la mia vita precedente era a compartimenti stagni, c'erano delle paratie tra un momento e l'altro, che a poco a poco, se non sono crollate del tutto, si sono certo molto assottigliate e, a volte, sono scomparse. In questo periodo comincia l'amicizia con Guccini, conosco più da vicino le persone che suonano con me, Tony Esposito e Mario D'Amora, e un modo di vivere diverso dalla tranquillità borghese che mi avvolgeva come una cappa e che non accettavo più; vedevo in modo sempre più critico la vita dei miei amici di sempre e mi sembravano veramente delle sciocchezze le cose per cui si davano da fare, i problemi delle loro giornate, il successo carrieristico, il soldo, la macchina... tutto questo che adesso ti dico così, confusamente, non si è trasferito subito in canzone, anzi ancor oggi, a tre anni di distanza dall'inizio di questo cambiamento, non è ancora del tutto diventato canzone, è una ricerca che continua ancora adesso e che probabilmente continuerà a lungo..."
Per tornare al nastro in questione, posso riaffermare che allora non lo valorizzai il dovuto. Con gli anni ci ritornai sopra e potetti apprezzare alcune composizioni quali "Sabato Stelle" ed "Il re non si diverte", ancor oggi godibilissime. Ma quello che più mi affascina tutt'ora è l'atmosfera quasi tenebrosa e surreale supportata dalla presenza quasi prevalente del pianoforte nel sound delle composizioni, senza tanti orpelli di contorno. Alcune tracce danno pure risalto alla chitarra, mentre non emergono le percussioni, pur affidate al nascente talento del percussionista napoletano Tony Esposito, che farà parte del così detto Naples Power che caratterizzò quel periodo musicale nella città Partenopea.(Nella foto soprariportata è ripreso nello studio di registrazione assieme a Vecchioni).
Fa un certo effetto vedere che gli arrangiamenti sono opera di Paky Canzi, famoso allora per essere il leader della formazione dei Nuovi Angeli, un gruppo musicale il cui repertorio era decisamente orientato verso la musica leggera di facile consumo e che riscosse anche un buon successo di pubblico. Basti citare alcuni titoli: "Donna felicità", Singapore" sono i primi che mi vengono in mente. Ma ancor più effetto fa il leggere che Vecchioni fu il coautore di quelle canzoni...
La svolta che indirizzò Roberto verso strade più impegnative e dai contenuti più personali e caratterizzanti, fu imboccata proprio con questo lavoro. Da qui in avanti egli diventerà un "cantautore" nel vero senso della parola, abbandonando il lavoro di paroliere dedito alle fortune di altri cantanti. E farà parte del ristretto numero di quelli importanti che dureranno nel tempo e che ancor oggi, a distanza di ben più di trentacinque anni, occupano un posto rilevante e fondamentale nel mondo musicale italiano.

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